NUVOLE

 

 

 

Che bel cielo oggi tutto azzurro intenso con le nuvole bianche a  decoro, proprio come piace a me. Non mi è mai piaciuto il cielo tutto uniformemente azzurro, piatto, senza significato, le nuvole bianche come batuffoli di cotone, gli danno spessore, eleganza, gli danno significato, un significato che ognuno può interpretare a piacimento poi, se c'è vento, sembra che danzino come ballerine, si uniscono, si dissolvono, si dividono per assumere sempre forme diverse e a volte sembra che prendono vita.

Ma perchè sono qui? Ma che sto facendo? Ma dove mi trovo? Perchè non sento suoni, non odo nulla, non ho sensazioni se non la visione di queste nuvole. Mi fanno ripensare a quando ero piccolo, quando con la mia famiglia andavamo nei fine settimana e in quasi tutti i giorni festivi a casa dei nonni in campagna. Una casa grande, anzi enorme con tantissime stanze, molte abbandonate e chiuse, diverse invece ben arredate dove alloggiava la mia famiglia, le famiglie degli zii e qualche volta anche degli amici di mio padre o dei miei zii invitati in occasione di feste o eventi vari.

Era anche l'occasione per incontrare la mia cuginetta Rita, la mia preferita anche perchè l'unica vicina alla mia età. Più piccola solo di un anno è stata per molti anni la mia compagna di giochi e di avventure, quando piccolini andavamo in esplorazione delle tante stanze chiuse al piano di sopra con tanti mobili coperti da lenzuoli ma ugualmente pieni di polvere, oggetti di tutti i tipi ammucchiati ogni dove in scatoloni o vecchi bauli di legno. Rita, oltre a essere la mia compagna di giochi, era anche il bersaglio di tutti i miei scherzi e sfottò vari, quando volevo farla arrabbiare bastava chiamarla "quattrocchi" (a causa degli occhiali) e lei diventava una furia e iniziava a sbraitare, poi scappava a nascondersi e spariva per ore intere in una delle tante stanze abbandonate.

Rita era una bambina esile, capelli lunghi biondo-rossicci che portava sempre legati in due lunghe trecce, qualche lentiggine sparsa sul viso e due occhioni verdi sempre vispi incorniciati da un paio di occhiali tondi che le davano un aspetto veramente buffo. Raramente piangeva o frignava o faceva capricci, quando qualcosa non le andava bene si chiudeva in se stessa per ore, spariva in qualche angolo scuro della casa e voleva stare sola. I primi tempi andavo sempre a cercarla ma poi, dopo aver capito il suo carattere, lasciavo che sbollisse da sola la sua rabbia o la sua tristezza, e poi tornava più vivace e allegra di prima. Una sola volta ho visto Rita piangere, fu quando cadde da un ramo di un albero nel grande giardino sbattendo il ginocchio in una pietra sporgente dal terreno, una brutta botta.  Ricordo che stavamo giocando, arrampicandoci su questo albero che aveva rami abbastanza bassi ma lei perse l'equilibrio cadendo male e fracassandosi il ginocchio sulla roccia, cominciò a uscire un sacco di sangue e io presumo che abbia pianto più per l'impressione di tutto quel sangue che per il dolore della botta presa.

Ma cosa ci faccio io qui adesso, non sento nulla, come se non avessi un corpo, ne braccia, ne gambe, riesco solo a pensare ma che mi sta capitando? Vedo solo le nuvole passare sopra la mia testa, già le nuvole. In campagna, vicino alla casa dei nonni, c'era una piccola collinetta ricoperta di erba, in primavera era davvero piacevole stare distesi sulla sommità, l'erba era alta e soffice e dava una buona protezione dalla terra che quasi non si sentiva sotto la schiena. Passavamo ore distesi li, io e Rita a contemplare il cielo e le nuvole che passavano sopra le nostre teste ed a interpretarne le vari forme, a volte ci si vedeva un pesce,  a volte una faccia di uomo o di donna, chi aveva più fantasia riusciva a scoprire nelle forme delle nuvole, le cose più strane. Una volta litigammo di brutto perchè le indicai una nuvole dicendole che aveva proprio la forma di un cane, lei la guardò attentamente e rispose che invece per lei era identica a un cavallo, Passammo almeno dieci minuti a controbattere le nostre convinzioni: è un cane! No, è un cavallo. No, è un cane. Ma non vedi la criniera? E' un cavallo! Ma quale criniera è un cane, non capisci niente quattrocchi. Ovviamente, come già immaginavo, si alzò di scatto e se ne andò a nascondersi in casa. Io ridevo di queste situazioni, era davvero ridicola, assumeva un'espressione tra l'arrabbiato e l'offeso, stringeva i suoi grandi occhioni e mi lanciava occhiatacce di rabbia ma senza proferire parola, poi si girava e se ne andava a passi piccoli e veloci a cercare un nascondiglio.

Che silenzio, riesco solo a vedere le nuvole che passano veloci sopra la mia testa ma non riesco a dargli nessuna forma, nessun significato, passano veloci, si sfaldano, si uniscono, si rompono così velocemente da non poter dare nessuna identità a ciascuna forma, questo perchè probabilmente c'è molto vento. Anche sulla collinetta  capitavano giornate così, ventose da spazzare il cielo e le nuvole sembrava partecipassero a una gara a chi arrivava prima chissà dove, Io e Rita anche dopo diversi anni, nei giorni di festa, eravamo sempre li, distesi sull'erba ma ormai più che adolescenti, i nostri discorsi spaziavano anche su altri argomenti oltre che le nuvole, gli studi, la famiglia, e sopratutto le nostre prime esperienze con l'altro sesso. Un giorno passò un intero pomeriggio a raccontarmi del suo primo bacio a un compagno di scuola, come lui l'avesse corteggiata in ogni modo, le portava ogni giorno cioccolatini, confezioni di caramelle e le offriva ogni giorno la merendina durante la ricreazione, e alla fine lei ha ceduto alle sue insistenze per avere il tanto sospirato bacio, ma erano altri tempi, i quindicenni negli anni 80, si fermavano al bacio.

Comincio a sentire freddo, non ricordo neppure in che stagione siamo è tutto così confuso, così strano, continuo a non avere nessuna sensazione, non sento niente sotto di me è come se fossi sospeso a mezz'aria, non sento la soffice erba della collinetta della campagna dei nonni, già i nonni, che persone i miei nonni! Nonno Filippo un omone tutto di un pezzo, si pensa sempre che le persone anziane siano piccole e curve ma questo non valeva per nonno Filippo, un lungagnone di 87 anni, dritto e dall'aspetto minaccioso ma buono come il pane, aveva sempre parole buone e sorrisi per tutti, non si alterava mai. Diceva sempre che arrabbiarsi faceva male alla salute e che non valeva mai la pena di arrabbiarsi per nessun motivo, specialmente, affermava sempre ridendo, quando la nonna rompeva le palle per le cose più stupide, cosa assolutamente fuori da ogni realtà perchè la nonna Giovanna era una donnina di una dolcezza infinita e quando il nonno diceva così, lei gli rispondeva che lui non sapeva davvero cosa voleva dire vivere accanto a una persona che rompe le palle, poi ridevano e si abbracciavano. Credo che i nonni si fossero davvero amati tanto fino alla fine dei loro giorni, così che appena morta la nonna Giovanna, nonno Filippo diventò all'improvviso taciturno e malinconico, si è lasciato andare allo sconforto e dopo pochi mesi se n'è andato anche lui.

Guarda, le nuvole si sono quasi fermate, sarà calato il vento e si sono accumulate diverse nuvolette che sembrano quasi un gregge di pecore, ripenso alle risate una volta con le pecore. Un primo maggio, dei tanti trascorsi in campagna dai nonni, io e Rita ci siamo diretti verso la "nostra" collinetta per distenderci nella soffice erba e parlare delle nostre cose e delle nostre confidenze ma arrivati ai piedi della collinetta, con nostra sorpresa, ci accorgemmo che era invasa da un piccolo gruppo di pecore che stavano brucando la nostra erba! Questo era troppo, era come una profanazione, quel luogo era sacro per noi, nessuno era a conoscenza che su quella collinetta io e Rita avevamo trascorso parecchie ore della nostra infanzia, della nostra adolescenza, e adesso anche della nostra intrapresa maturità. Quella collinetta era stata testimone delle nostre confidenze e dei nostri segreti più profondi, No! <<Era davvero inammissibile, ci siamo guardati un attimo negli occhi e poi ci siamo messi a correre verso le pecore gridando e agitando le braccia tanto che quelle poverette, prese alla sprovvista, sono fuggite belando come se fossero state attaccate da un branco di lupi affamati. Appena la collinetta fu sgombra ci buttammo sull'erba ridendo e  rotolandoci felici come se avessimo conquistato il mondo, in fondo quella collinetta faceva parte da anni del nostro mondo. Fu quella volta che Rita mi rivelò della sua prima esperienza sessuale, Rita adesso aveva vent'anni ed era davvero una bella ragazza, alta, snella, sinuosa, adesso portava i capelli sempre biondi e non più attaccati con le trecce ma sciolti sulle spalle, i suoi grandi occhi verdi non erano più incorniciati da pesanti occhiali ma portava le lenti a contatto. Quando arrivava lei era come se sorgesse il sole, simpatica e allegra come lo era sempre stata ma adesso, quando si arrabbiava, non andava più a isolarsi come faceva da piccola ma rispondeva a tono e se il caso alzava la voce, si faceva rispettare, eccome! Mi raccontò di essersi innamorata di un collega di università, un ragazzo più grande di lei di quattro anni, già fuoricorso ma non perchè non avesse voglia di studiare ma perchè, essendo orfano di padre e di madre, era costretto a lavorare per mantenersi agli studi. Lavorava come cameriere nel ristorante del cugino di suo padre rimasto vittima, insieme alla moglie, di un incidente stradale del quale lui, allora dodicenne, era rimasto illeso. Quel parente lo aveva praticamente adottato e mantenuto agli studi fino al liceo ma una volta iscritto all'università, lui aveva assolutamente rifiutato che lo zio gli pagasse tasse e libri, proponendogli di lavorare per lui per guadagnare quanto bastasse per dargli la possibilità di vivere e studiare. Davvero un bravo ragazzo, serio e maturo anche troppo per la sua età, poco divertimento e molto lavoro e studio. Così la cuginetta Rita, dopo qualche mese che stavano insieme, decise di concedersi a lui perchè non avrebbe voluto essere di nessun altro, per lei Matteo era la persona giusta con la quale avere il suo primo rapporto.

Adesso dove sei Rita, cugina, amica, sorella, compagna di giochi, confidente, dove sei, mai come in questo momento vorrei essere disteso insieme a te a guardare le nuvole, le nostre nuvole che adesso non vedo più, sono scomparse, adesso il cielo è diventato grigio, anzi nero, Rita, dove sei Rita!

- Guardate c'è un ragazzo a terra!!!-

- Dio mio non si muove, chiamate qualcuno,-

- Io ho visto tutto, stava attraversando la strada e una macchina scura lo ha investito, poveraccio ha fatto un volo,

- Avete preso il numero di targa!!!-

- Non si è fermato sto pirata infame,-

- Per favore qualcuno chiami un ambulanza,-

- Permesso fatemi passare, sono un medico, fatemi sentire il polso, purtroppo questo ragazzo è morto, non ce più polso, vedete se ha documenti addosso e chiamate la famiglia, io chiamo la polizia.-

- Povero ragazzo, era così giovane,-

 

 

(A.Volpes)