La Battaglia Epica

 

 

Le due fazioni di destra e di sinistra, decisero di scontrarsi in una radura del centro Italia (giusto per non dare vantaggio a nessuno) esattamente in un radura dell'Agro Pontino, una decina di chilometri a nord di Latina.

Era l'alba di una gelida mattina di marzo, una leggera nebbiolina iniziava a diradarsi e il sole, lentamente, faceva capolino da dietro le lontane colline.

 

Da una parte diecimila volontari, seguaci Salvinisti, Melonisti, Berlusconiani e sovranisti sparsi, nelle retrovie uno sparuto gruppo di estremisti di Casapaund e Forza Nuova a difendere l'eventuale ritirata o fuga. I combattenti di destra erano vestiti di nero (stranamente) e indossavano un'armatura grigio topo (accostamento non voluto ma il colore si dice così), armati di mazze, asce, spade e alabarde.

A capo di questo esercito a cavallo di un destriero, ovviamente nero, il Capitano Salvini, anche lui con la sua armatura grigia, sfoggiando al collo un rosario e sul petto una immagine del Sacro Cuore Immacolato di Maria. In una mano un grosso spadone, nell'altra un vessillo con la scritta: S.P.Q.P (Sono Pieni Questi Poteri).

 

Dalla parte opposta della radura, a circa 500 metri, altri diecimila volontari militanti e simpatizzanti di sinistra, vestiti di bianco con l'armatura argento armati di libri di poesia, grammatica, letteratura, storia, trattati sulla costituzione, matite e penne (si sa che ne uccide più la penna che la spada).

A capo di questa armata, pronto a salire sul cavallo, ovviamente bianco, uno tra DiMaio, Conte, Renzi e Zingaretti. Si inizia a procedere al sorteggio tra chi dovrà guidare l'assalto alle forze nemiche quando Matteo Renzi si chiama fuori e preferisce stare a osservare l'evolversi della contesa, si chiama fuori anche Di Maio che ha preparato, a bordo della radura, un chiosco per vendere bibite e panini con la porchetta agli spettatori, si sa: gli affari sono affari.

A questo punto si procede al pari e dispari o carta, sasso e forbice tra Conte e Zingaretti. Vince (o perde dipende dai punti di vista) Conte che, indossata l'armatura, monta sul destriero. A sinistra fa da scudo una versione dell'Inferno Dantesco tradotta in Toscano da Benigni e rilegata con un cuoio particolarmente rigido e resistente, a destra brandisce una stilografica MontBlanc Meisterstuck.

 

Tutto è pronto per lo scontro, il sole è già alto anche se velato da qualche nube di passaggio. Tre squilli di tromba danno inizio alla contesa.

Da destra si lancia allo scontro l'armata nera, lanciando urla belluine e parole sconnesse e senza senso, gli occhi iniettati di sangue e la bava alla bocca.

Da sinistra avanza tranquillamente l'armata bianca, recitando versi di Carducci, Pascoli e Manzoni, citanto frasi di Dante, Verga, Montale e altri.

 

I primi a giungere allo scontro sono i due leader, appena giunto a distanza utile Salvini sferra un fendente con la spada a Conte che, agevolmente, si para facendosi scudo con la copia dello scritto Dantesco e lanciandosi sull'avversario con con la sua MontBlanc, riesce a colpirlo in piena fronte scrivendo: Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie.

 Colpito a morte, Salvini crolla a terra, sgomenti i suoi seguaci vanno in suo soccorso ma, ignari del tipo di ferita inferta al loro capitano, si rendono conto di essere soli, spauriti e indifesi da contanti pericolose armi, iniziano a indietreggiare dandosi alla precipitosa fuga.

La sera vede la radura ormai deserta, al centro solo il corpo abbandonato del Capitano, dimenticato pure dai suoi seguaci, lasciato a concimare il terreno.

Passa per caso un gruppo di sciacalli (della famiglia Sciacallus Felpatus, ultimi sopravvissuti su suolo Italiano ormai anche loro in estinzione), uno di questi si avvicina cautamente, lo guarda, lo annusa poi si gira verso gli altri: Lassamolo sta' fratelli, è mi cuggino.

 

 

(A.Volpes)